Ci sono momenti in cui la politica locale mette a nudo le proprie fragilità più profonde. La recente vicenda dei premi al personale del Comune di Como e il ritiro della delibera da parte del sindaco non raccontano soltanto un incidente amministrativo: raccontano un’impostazione culturale, prima ancora che gestionale, sul valore delle persone che ogni giorno tengono in piedi la macchina comunale.

Ed è da qui che vorrei partire: dal valore delle risorse umane.
Perché senza questo, non esiste crescita, non esiste innovazione, non esiste prospettiva.

La città cresce solo se cresce chi la fa vivere ogni giorno

Como è entrata in una fase delicata e allo stesso tempo straordinaria.
È una città che negli ultimi anni ha visto crescere flussi turistici, investimenti, interesse internazionale. Una città a cui è richiesto sempre di più, che deve essere capace di programmare, decidere, innovare, ascoltare, coordinare servizi complessi, affrontare emergenze quotidiane e sfide strutturali.

Eppure, mentre tutto cresce, chi fa funzionare il Comune troppo spesso rimane indietro:

  • organici ridotti;
  • responsabilità aumentate;
  • retribuzioni ferme in un contesto dove il costo della vita è esploso;
  • carichi di lavoro che richiederebbero strumenti, formazione e visione;
  • un clima interno che altalena fra il disorientamento e la delusione.

La macchina comunale di Como ha oggi un potenziale enorme, anche grazie alle nuove normative  su personale, digitalizzazione, performance, semplificazione dei processi.
Ma perché questo potenziale diventi realtà serve una condizione imprescindibile: personale motivato, ascoltato, valorizzato e partecipe delle scelte.

Nel pubblico impiego la retribuzione non è ad oggi competitiva rispetto al privato, soprattutto in un territorio come il nostro.
Per questo la leva economica non basta: il vero motore della motivazione è un mix di riconoscimento, chiarezza, partecipazione, fiducia, prospettiva.

Un Comune funziona quando il personale:

  • sa perché sta facendo ciò che fa;
  • vede un progetto che lo comprende e lo valorizza;
  • partecipa alla definizione degli obiettivi;
  • percepisce equità, trasparenza e coerenza;
  • viene ascoltato prima che le decisioni vengano calate dall’alto;
  • sente di essere parte di una comunità professionale, non di una catena di montaggio burocratica.

Per questo la gestione improvvisata della contrattazione, l’incertezza sugli istituti retributivi, lo scontro continuo su atti che dovrebbero essere condivisi e programmati non danneggiano solo i dipendenti:
danneggiano la città, perché demotivano coloro che ogni giorno trasformano le scelte politiche in servizi reali.

Amministrare non significa galleggiare tra emergenze e reazioni istintive.
Amministrare significa assumersi la responsabilità di costruire un clima organizzativo sano, capace di produrre risultati e non solo di assorbire conflitti.

La vicenda dei premi lo dimostra: non è un tema di contabilità interna, ma di cultura politica.
Una cultura che, se sceglie il confronto muscolare anziché il dialogo, genera un unico effetto: allontanare competenze.

E allora una domanda che le OO.SS. pongono diventa inevitabile:
Quanti altri se ne andranno?
Perché oggi i dipendenti pubblici possono scegliere, e lo fanno.
Lo fanno quando capiscono che altrove troveranno rispetto, crescita e serenità professionale.

Se Como vuole realmente diventare una città capace di affrontare la complessità del nostro tempo – dalla mobilità alla casa, dal turismo alla gestione ambientale, dal sociale alla digitalizzazione – deve recuperare una verità semplice e decisiva:

Il personale non è un costo.

È il motore fondamentale della città. E un motore va curato, non logorato. Va potenziato non privato. Va innovato, non fermato. 

Occorre una nuova stagione amministrativa che:

  • ricostruisca fiducia;
  • lavori su piani di assunzione stabili e lungimiranti;
  • offra formazione continua e qualificata;
  • misuri la performance non come punizione, ma come crescita;
  • apra un dialogo reale con chi lavora negli uffici;
  • restituisca senso di appartenenza e benessere collettivo.

Il futuro di Como passa dalla capacità di ascoltare chi la serve

Il Comune ha davanti a sé sfide enormi.
Servono funzionari, istruttori, agenti e ufficiali di polizia locale, operatori che non siano solo esecutori, ma protagonisti intelligenti della trasformazione urbana.

Ma per farlo, prima di chiedere loro impegno e sacrificio, la politica deve fare la sua parte:
riaccendere senso, motivazione, appartenenza.

Non esiste città che cresca se chi la fa crescere ogni giorno si sente ignorato, demotivato, svalutato.

E allora questa riflessione spero che per chi la legge possa diventare anche un impegno:
per una Como che investe sulle persone, che riconosce i talenti, che valorizza la professionalità e che costruisce il futuro non contro i propri lavoratori, ma insieme a loro.

Perché la qualità della nostra amministrazione non è mai superiore alla qualità delle persone che la compongono.

E oggi, più che mai, Como ha bisogno di tutte le sue energie migliori.

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